Raffaele De Grada, da La Memoria Donata, Milano, Mazzotta, 2002
Madoi, un artista che dona alla societa’
Il Po suggestionava gli animi sin dall’infanzia, nella quiete dei paesi
che bagnava avaramente nei mesi estivi ma anche nelle rumorose piene
invernali che potevano sconvolgere da un’ora all’ altra il ritmo
secolare della gente costretta a difendersi dalle inondazioni che
mutavano all’ improvviso lo stesso corso del fiume.
Nel corso delle generazioni la gente padana aveva fatto l’ abitudine a
questi rapidi mutamenti, ma sempre ritornava a convivere col grande
fiume, sopportando le sue bizze che non riuscivano pero’ a stravolgere
il complesso di amore della gente padana per il Padus Flumen, ragione di
vita di padre in figlio. Anche senza accorgersene gli uomini e le
donne della Padania si sono creati il mito del Fiume, si sono fatti una
cultura che scavalca i secoli, le barche sonnecchiano sulle rive, i
boschetti di pioppi sugli argini e dietro i villaggi dove, dal
campanile, le campane segnano il passare del tempo che sembra
immutabile.
Invece il tempo non è immutabile, la storia degli uomini vi ha la sua
parte e per Walter Madoi (nato nel 1925) la storia lo vide prima di
tutto combattente partigiano, nel 1944, sui monti dell’ Appennino
parmense. Un periodo di vita breve, fino all’ aprile del ’45, ma
si puo’ immaginare quanto intenso, pericoloso, decisivo. La
passione per la pittura era gia’ nata e Madoi, ritornato in abiti
civili, con questa passione, iniziò a produrre ceramica, un mestiere di
sua scelta.
Madoi non imbracciò le armi provenendo dalla lunga trafila dell’
antifascismo, come me che scrivo. L’ anagrafe non glielo ha consentito,
fu uno di quei giovani che accorsero per sentimento a combattere per la
liberazione d’ Italia. Noi allora, su iniziativa di Eugenio
Curiel, cercammo di organizzare alla lotta questi giovani in un Fronte
della Gioventù che non chiedeva un’ ideologia politica ma soltanto il
grande sentimento della libertà e della pace.
Il partigiano Madoi porta nella vita comune il coraggio della sua prima
scelta. Basta con la ceramica, via libera all’ arte della pittura, a
Milano naturalmente dove si fa una buona fama come ritrattista.
Guadagna, è ricercato dalla buona borghesia ma il suo libero
temperamento d’ artista lo fa insofferente del controllo banale delle
somiglianze, quello che confonde l’ arte con la fotografia in posa.
Infatti Madoi non resiste molto e ritorna ai suoi paesi, dedicandosi
completamente alla pittura. Il suo mondo si rinchiude in un breve
itinerario ma sempre più approfondito, dal Po al vicino Appennino, a
Sesta, presso Corniglio. Nel paese di Sesta, una borgata che si è
ridotta a quarantadue vecchi perchè, negli anni Sessanta, i giovani sono
fuggiti verso la città a cercare lavoro, avviene un piccolo miracolo.
Madoi si impadronisce del borgo, lo trasforma dipingendo sui muri
esterni del paese i ritratti dei suoi abitanti con la tecnica dell’
affresco, cosicchè i cittadini di Sesta vengono affidati alla storia
nello stesso modo come i pittori ellenistici ritraevano i contemporanei
deceduti sulle lastre tombali del cimitero del Fayum.
Madoi si assume il compito dei pittori realisti: documentare un momento
della storia di un paese facendo vivere in eterno le immagini tipizzate
dei contemporanei conoscenti e conosciuti, come ha fatto Courbet con
Il funerale di Ornans e Pellizza con La Fiumana e il
Quarto Stato, il contemporaneo in aeternum e tutto con la
tecnica dell’ affresco. Nel contempo Madoi trasferisce
i tipi dei suoi contemporanei come personaggi della Crocefissione
dipinta all’ interno della chiesa di Sesta.
Madoi, che affresca questi suoi muri con i soggetti osservati sul vero,
non tralascia tuttavia la pittura di cavalletto, innanzitutto i paesaggi
del Po che gli suggeriscono il metodo abbreviato dell’ arte
postimpressionista, consona alla rapida emozione ma anche tele di più
ampio respiro in cui prevale la visione drammatica degli “alluvionati”
(l’alluvione del Po nel 1967) o la tragedia di volti alienati nel
cortile di un manicomio. La singolarità di questo pittore si
manifesta in un fatto eccezionale, forse unico. Madoi inserisce nei suoi
muri di Sesta e poi sulle pareti della chiesa del Corpus Domini di
Parma, dove racconta la storia sacra dal delitto di Caino all’ Ultima
Cena, allegri personaggi del cinema, da Sofia Loren a Totò, e negli
affreschi sacri, i politici da Johnson a Mao Tse Tung.
Utopia e Cultura
Dopo il famoso 1968 ci siamo abituati a vedere tanti muri dipinti, tanti
graffiti e anche tante inutili sporcature. Abbiamo visto tante volte Mao
e Che Guevara mescolati con Gesù Cristo e il papa. Ma non voglio
considerare Madoi alla stregua di questi improvvisati se pur simpatici
dilettanti e non soltanto riferendomi alla qualità della pittura, che in
Madoi è professionale, ma anche per una questione di cultura.
Madoi è un pittore realista, egli compone con la sua visione del mondo
la gente, il paese, i bambini, gli anziani, con gli esempi illustri
della storia dell’ arte, finalizzando la sua opera a significare il
tempo esistenziale in confronto della sua possibile trasformazione.
Sulla base di una tendenza di temperamento si diventa artisti realisti,
ci si forma tali.
Questo mio giudizio non è tanto motivato dall’ attività di pittore di
cavalletto del Madoi, dai suoi ritratti di intensa caratterizzazione,
dai suoi paesaggi vissuti nella fragranza dei boschi e nell’ incanto
delle rive padane, quanto dal suo comportamento che manifesta la volontà
di incidere sul mondo, sull’ attualità del processo sociale e politico
dell’ epoca in cui ha vissuto.
Ho già detto degli affreschi di Sesta e delle chiese. Chi ha
spinto il Madoi a progettare affreschi sul famoso muro di Berlino quando
questo episodio storico non era ancora interpretato come una vittoria di
un mondo sull’ altro ma come una manifestazione del superamento della
guerra fredda nella ricomposizione dell’ avvenire progressivo per il
quale egli aveva lottato da giovane partigiano? Io non ho conosciuto
personalmente Madoi ma, confrontando le sue opere con le testimonianze
di coloro che lo hanno incontrato, in particolare con quella di Laura
Rubini Landucci (nel catalogo monografico a lui dedicato), mi si rivela
una personalità che esce dal comune e che mi spiega il contenuto della
sua arte come quella di uno che poteva essere considerato un
artista di punta di uno schieramento realista in gran parte ancora da
scoprire. A completamento dei suoi numerosi ritratti e paesaggi,
l’ acuta angoscia di Madoi si esprime nei suoi dipinti di tema
religioso, il supplizio di
San Sebastiano come il dolore sommesso di una Fuga in Egitto
sorvegliata da una luna consolatoria, un Battesimo di Cristo come
una Deposizione. Il conformismo della coerente pittura di
argomento sacro è sempre lontano, la storia sacra è trattata alla
stregua dei fatti umani, sempre incombe il peso della tragedia che segna
la vita dei mortali